domenica 20 luglio 2008

Family Monument ovvero l'effimero e il monumento


Strana gara davvero quella che si è conclusa domenica 10 giugno 2007 al Teatro Sociale di Trento nel corso di una serata in diretta televisiva sulla emittente locale TCA. Strana gara e strani i vincitori! Non si trattava infatti di una nuova maratona sportiva, di uno strano concorso di design o di bellezza. In un certo senso era un'operazione simile ad un casting, per reclutamento e selezione. Ma andiamo con ordine, rigorosamente inverso. Dopo mesi di attesa e di polemiche Trento ha finalmente la sua famiglia media, un cuore pulsante di carne e sangue che l'artista inglese Gillian Wearing immortalerà in un monumento di bronzo che verrà collocato entro l'anno in Piazza Dante. Il sindaco ha rassicurato sulla collocazione finale ma la Giunta non ha ancora – stranamente - deliberato in proposito. Che sia in disaccordo col primo cittadino o con l'opera? Una famiglia sola - con rigorosa indicazione del nome, anzi cognome (Giuliani) - a rappresentare tutte le famiglie: insomma in una piccola grande sineddoche il Trentino simbolo dell'Italia e della sua famiglia grazie ad una operazione artistica, targata Gillian Wearing-Galleria Civica di Trento. Ma se l'arte è un ombrellino che ripara da tutte le critiche, come diceva l'istrionico ed irresistibile Patrizio Roversi nella serata Family Night al Sociale, quest'ombrellino doveva avere qualche 'infiltrazione' viste le numerose critiche. Certo, alcuni sono saliti sul carrozzone nel criticare l'attività della Civica, 'colpevole' di avere un direttore troppo aperto all'arte di fuori provincia e non coadiuvato da un comitato scientifico - non eletto, come previsto nel Regolamento, dal Comune - che ne moderi gli estrosi entusiasmi, ma i punti in sospeso sono tanti. I soldi spesi per l'operazione paiono troppi e la fama internazionale dell'artista non convince Trento: perché non optare per artisti locali o perlomeno nazionali, scelti attraverso un concorso? Si vocifera poi anche di strani accordi con l'Oriente, di un bozzetto che verrò creato lì a partire dalla fotografia della Wearing da altri e poi fuso. Ancora una provocazione o una efficace dimostrazione del lavoro del mondo dell'arte? D'altronde anche l'italiano Pistoletto si vanta di non aver mai toccato uno specchio, quegli stessi oggetti che ne hanno decretato la popolarità, fiero di essere un intellettuale e non un artigiano. Comunque parlare di famiglia oggi è certamente di grande attualità – ma l'arte non doveva 'anticipare' la realtà? -: dalla politica alla cronaca, dalla religione alla pubblicità siamo bombardati. Si parla di famiglia come di un concetto 'univoco', condiviso, spesso sottacendo spiegazioni considerate inutili. La società cambia e con essa anche la famiglia. L'ISTAT si adegua e considera famiglia anche un nucleo con un solo componente. Cambiamenti macroscopici ma allo stesso stesso microscopici nella mentalità comune. È possibile afferrare la “famiglia”, almeno in una piccola Regione? Un aiuto nel compito della classificazione e dell'etichettamento è stato fornito dalla statistica, nella persona del prof. Ivano Bison che tra grafici a torta e colonnine (in mostra in 3D alla Civica!!) ha cercato di dare un volto matematico a questo concetto, renderlo oggettivo, verificabile, medio. Forse perché in media stat virtus... Purtroppo però a partire non dai dati statistici 'freschi' recuperabili anche on line dal sito del Comune (2006) e della Provincia (2005). Solo un errore di forma o di sostanza, con una valenza politica? Può essere una buona domanda visto che anche il marchio “Family in Trentino” presenta una allegra famiglia di 4 membri. Una coincidenza o un segno di vicinanza all'ideologia cattolica del Family Day? Definito a suon di numeri il tipo da cercare, una famiglia con un numero di componenti superiore di ben un punto percentuale alla 'realtà', si è provveduto alla ricerca, o meglio alla chiamata con comunicati stampa ed annunci sui quotidiani locali. Che questo errore numerico abbia inciso anche sulla risposta delle famiglie? Parallelamente brevi video-interviste a coraggiosi passanti e contributi scritti costituivano la documentazione 'dal basso', la vox populi. Da una parte la 'realtà' delle statistiche e dall'altra l'idea della gente o meglio l'idealizzazione. Una ventina di coraggiose famiglie si sono fate avanti spinte un po' per gioco e più dal desiderio di vedersi immortalate, o immolate, in un monumento che per perfetta rispondenza ai 'nuovi canoni'. Dopo una scrematura le cinque famiglie finaliste sono state vagliate da una giuria che riuniva esponenti politici, religiosi, artistici, culturali e dell'informazione. A dispetto delle statistiche, e forse dei pronostici, è stata scelta una famiglia a-tipica, mista (la moglie è di origini greche), giovane e con un bambino più piccolo rispetto alle 'richieste', per non 'stare troppo indietro' rispetto ai tempi che cambiano. Anche se comunque le famiglie miste non sono certo una novità, nemmeno per il Trentino, perlomeno dal 2000... Di fronte al concetto che diventa, nella statistica, stereotipo ci si ribella, scattando in avanti, mescolando ai numeri altri criteri. Quelli estetici. Perché vogliamo essere belli per “guardarci”, con ancora più stupore e nostalgia, invecchiare e cambiare come società. Nel frattempo per il mese di giugno la Galleria Civica si è trasformata in un set televisivo per realizzare il talk show “Family Talks”: tre appuntamenti (5, 14, 19 giugno) per discutere con piglio multidisciplinare di famiglia, tra percezione e realtà, deriva futura (la famiglia trentina, la famiglia reale e la famiglia del futuro). La televisione fa parte della nostra quotidianità, media e plasma anche i nostri pensieri. Allo stesso tempo accanto alla manipolazione del dato reale ne consente una rappresentazione 'oggettiva'. È quest'ultimo aspetto l'aspetto che interessa a Gillian Wearing. La stessa tensione verso il reale nel tentativo di fissarlo lo dimostra il suo utilizzo della fotografia e del documentario.
Fissare l'inafferrabile e per di più immobilizzarlo nel bronzo, eternare un concetto, attraverso una forma realistica, rappresentativa. C'è una sottile e disarmante ironia in questa operazione. Anzi l'ironia è spalmata su livelli differenti: sull'uso e l'importanza della televisione, sul protagonismo sfacciato da reality show, sulle simbologie, sulle etichette. La storia del linguaggio è la storia delle etichette, del tentativo di catturare l'inafferrabile, della costruzione di concetti astratti e di rappresentazioni. Adamo si macchia in questo di ùbris (tracotanza), cerca di sfidare il tempo e lo spazio, costruendosi vocabolari. La Wearing si comporta da sociologa e da confidente, cercando di mediare tra la statistica, la realtà e l'idealizzazione, nello spinoso terreno schizofrenico tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Informandocene. Facendoci riflettere su elementi della nostra quotidianità e della nostra esperienza, costringendoci a fare i conti con i nostri tabù, le nostre rigidità e banalità. Per darci, forse, la possibilità di fare un passo in avanti, di osservare ed osservarci con uno sguardo diverso e consapevole. Non parla per noi e di noi, ma ci interroga complice, attenta, pensierosa. Non dà giudizi, raccoglie ed elabora informazioni, stimola movimenti sotterranei. È un'arte relazionale (Nicolas Bourriaud, Esthétique relationnelle, Paris 2001), filtrata attraverso i media, che assume anche una valenza sociale e politica. L'opera d'arte non è calata dall'alto, imposta, ma in un certo senso concordata, frutto di reciproche influenze ed interrelazioni tra artista e fruitore, come ben dimostra il continuo mutare del progetto della Wearing, dal titolo (The Perfect Family, The Real Family, Family Monument) alle modalità di realizzazione. Allo stesso tempo diventa un progetto di arte pubblica, che esce al di fuori dei progetti spazi di un luogo consacrato all'arte per entrare attivamente e fattivamente nel tessuto urbano e sociale. Da quest'autunno avremo la Famiglia in piazza. Forse.

16 luglio 2008
«Mi sono visto!» è il primo commento entusiasta di uno dei membri della famiglia Giuliani, il piccolo Leonardo, che non resiste alla tentazione di sbirciare sotto il drappo che proteggeva da occhi indiscreti il monumento alla famiglia tipo trentina nel 2007, che coincide con la sua. Emozionate anche le amiche nonché compagne di scuola di Maria Eleni, Cristina, Linda e Mariagiulia, che commentano: «È diventata famosa. La statua le somiglia abbastanza. Non siamo invidiose di lei ma siamo felici per l'opportunità che le è stata data» ma aggiungono in coro «No! Noi non avremmo voluto essere al suo posto», ma non disdegnano la foto. All'inaugurazione anche gli 'abitanti' di Piazza Dante, incuriositi. Paolo e Ronny ci dicono: «Si aspettava l'arrivo del monumento. Ci hanno portato via alcune panchine. È un'opera molto bella e in un bel posto. Sono soldi spesi bene». Di tutt'altro avviso Rosemarie Callà, secondo la quale «Il budget è stato troppo elevato se il principio conduttore del monumento è quello di parlare della famiglia e valorizzarla. Ci sono poche informazioni circa le modalità di realizzazione del monumento, probabilmente eseguito in Cina per risparmiare sui costi. Se è così, non è certo una cosa positiva viste le pessime condizioni di lavoro in quel paese». Critico invece anche un gruppo di manifestanti delle associazioni arcigay e arcilesbica, la cui portavoce, Roberta Ferrario, ci dice: «Il monumento ci sembra incompleto. Noi siamo qui come un'aggiunta», rappresentando le “Invisible families”, nuovi gruppi famiglia assenti nella statistica alla base del monumento di Gilliam Wearing. Aggiunge ancora «Non siamo contro l'opera d'arte in sé ma contro l'esposizione pubblica che la fa diventare monumento e quindi un modello, un'idea di famiglia che rischia di creare discriminazioni nei cittadini trentini». Niente musi lunghi, invece, per la famiglia Spinelli, scartata nella finale del 10 giugno 2007 al Teatro Sociale di Trento con le altre finaliste, le famiglie Scartezzini, Callegari e Ghidoni, ma addirittura un po' di sollievo, date le numerose polemiche «A questo livello la cosa mi imbarazzerebbe. Anche se un monumento in vita non mi dispiacerebbe» ci confida il capofamiglia, che esplicita il suo grande amore per il karaoke e la sua mania di protagonismo. Un desiderio accontentato dall'artista Gian Marco Montesano che ha autonomamente realizzato un loro ritratto a grandezza naturale (1,80x1,50) su un basamento. Per un'opera d'arte persa un'altra guadagnata.

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